L’intervento di Barbara Gonella, Presidente di Aisla Firenze, dopo un emendamento alla legge di bilancio “che impegna le Regioni a presentare ogni anno un piano di potenziamento delle cure palliative in grado di coprire da qui al 2028 il 90% della popolazione residente”.
“Nonostante siano passati oltre dieci anni dall’approvazione della storica legge 38/2010 sulle cure palliative, l’attuazione piena e, soprattutto, in modo uniforme sul tutto il territorio italiano, è ancora complessa; per questo, è sicuramente un bene ogni intervento in questa direzione, stando a quanto emerge dall’ultima legge di bilancio”. A dirlo Barbara Gonella, Presidente di Aisla Firenze, riferendosi a un emendamento alla legge di bilancio “che impegna le Regioni a presentare ogni anno un piano di potenziamento delle cure palliative in grado di coprire da qui al 2028 il 90% della popolazione residente” promosso dal Parlamentare Andrea Caroppo.
“Il nostro – aggiunge Gonella – compito rimane quello di informare, formare e divulgare la Cultura delle cure palliative e del Diritto di ogni persona affetta da malattia inguaribile o cronica che causi sofferenza fisica e/o psicologica di accedervi in tempi rapidi. L’argomento è ancora troppo spesso tabù e poco conosciuto anche dai Sanitari, sebbene ci siano molti progressi anche grazie al nostro contributo a Firenze. Certo è che non se ne parla mai abbastanza, come non si parla del Diritto alla sedazione palliativa profonda che è atto terapeutico, previsto dalla legge. Nulla a che vedere con eutanasia o suicidio medicalmente assistito”.
Come confermato anche da ARS Toscana nell’ultimo rapporto relativamente agli anni 2019-2020, l’accesso alle cure palliative è ancora fortemente difforme, ridotto ai soli pazienti oncologici e comunque solo nelle fasi avanzate o addirittura terminali della malattia.
Secondo Gonella, si è diffusa e radicata “una convinzione, non dico cultura perché sarebbe proprio fuori luogo, che a un certo punto non ci sia più dignità della vita. Sono fermamente convinta, invece, che la vita, di tutti, delle persone con Sla e di chiunque altro, mantenga una dignità intrinseca e insopprimibile, sempre. Perché se si lascia passare il concetto che una vita non sia più degna di essere vissuta o che ‘non valga più la pena’ – rabbrividisco a pensarci – viene di conseguenza tagliare anche sulla qualità dell’assistenza. E noi non possiamo accettarlo”.
“Non è facile cambiare la mentalità e la cultura ancora imperante che considera ancora le Cure Palliative come una serie di farmaci che attenuano il dolore fisico nella fase terminale della malattia e della vita di un paziente. Le cure palliative sono qualcosa di diverso e di molto più straordinario a livello clinico e umano, per la persona malata ma anche per i suoi familiari. Ora tocca alle Regioni rendere operativa la rete delle cure palliative nei vari livelli: è la legge che lo impone ma è anche l’obiettivo di civiltà a cui devono ambire”.